Il corpo umano sin dal concepimento è sottoposto a continue trasformazioni che continuano anche dopo la morte attraverso fenomeni complessi studiati dalla Tanatologia.
La metamorfosi, intesa come trasformazione perenne del corpo in termini biologici, è una tematica sedimentata nella nostra cultura e prediletta dagli autori di più grande spessore letterario.
Il tema è presente già nel secondo poema di Omero 1 e Ovidio descrive circa duecentocinquanta casi di trasformazioni 2 .
Nell’Asino d’oro di Apuleio la metamorfosi è la degradazione a cui deve sottostare l’anima per raggiungere l’elevazione religiosa.
Dante elabora il tema nella “Divina Commedia” dove il XXV canto dell’Inferno è interamente dedicato alle trasformazioni di cinque ladri fiorentini. Viene descritto l’assalto di un drago che determina la progressiva fusione fra due esseri dando vita a un ibrido mostruoso, oppure si narra
come un morso di serpente porti a una doppia metamorfosi crociata, con l’uomo che diventa serpente e viceversa.
Durante il Rinascimento ritroviamo la tematica in ”Apollo e Dafne” di Gian Lorenzo Bernini, in cui la ninfa si trasforma in alloro per sfuggire alla bramosia del dio. La metamorfosi in seguito si ripresenta in tutti i principali generi letterari, dal poema epico-cavalleresco 3 alla poesia lirica, o infine al teatro 4 . Nell’Ottocento Nikolai Gogol’ ne “Il naso” (1836) immagina una forma particolare di metamorfosi in cui una parte del corpo assume vita autonoma. In fine, il secolo scorso, influenzato dalla psicoanalisi, rielabora il tema in chiave psicologica. L’esempio più celebre è il romanzo breve “Lo strano caso del Dr. Jeckyll e Mr Hyde” di Stevenson, in cui il medico protagonista inventa una pozione che provoca uno sdoppiamento di personalità e lo trasforma in un essere deforme e ripugnante, incarnazione del male assoluto. Anche le nuove scoperte in ambito medico si fanno spazio nella letteratura e Michael Bulgakov in “Cuore di cane” (1926) narra il trapianto dell’ipofisi e delle ghiandole seminali di un ladro nel corpo di un cane randagio, sfruttando a lungo la percezione olfattiva straniata dell’ominide.
Questa digressione letteraria ci introduce uno studio pubblicato il 23 marzo 2021 sulla rivista Nature – Scientific Reports 5 in cui i ricercatori hanno dimostrato che le cellule gliali del nostro tessuto cerebrale alcune ore dopo la morte cominciano a crescere proiettando lunghe appendici
simili a braccia.
La scoperta, tutta da interpretare, sicuramente imporrà una rivalutazione della maggior parte degli studi sin ora condotti in cui si presume che tutto nel cervello si ferma quando il cuore smette di battere.
In particolare lo studio ha dimostrato che i geni di queste cellule aumentano la loro “espressione” dopo la morte tanto da acquisire la denominazione giornalistica di “geni zombie”.
Ovviamente il processo di metamorfosi si attiva per un periodo limitato di ore e può essere interpretato come un tentativo estremo operato dalle cellule gliali di ripulire il tessuto cerebrale dai neuroni ormai morti.
A 70 anni dalla scoperta del Nerve Growth Factor (NGF), il fattore di crescita nervoso individuato dalla ricercatrice italiana Rita Levi Montalcini, il cervello continua a stupirci. Quando nel 1986 alla professoressa Montalcini fu conferito il premio Nobel per la Medicina i libri di testo universitari accennavano appena alle possibilità plastiche del cervello fino ad allora considerato come organo stabile, incapace di rimodellarsi o addirittura di autorigenerarsi come il fegato. Le nuove acquisizioni in tema di neuroscienze ci descrivono invece un cervello dinamico che attiva le sue
cellule gliali anche dopo la morte.
La scoperta descritta nello studio avrà certamente delle ricadute nella ricerca delle malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer e il Parkinson, ma riaprirà anche il dibattito in ambito bioetico circa il concetto di morte.
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1 In Odissea IV 450-459 Menelao racconta a Telemaco l’incontro con Proteo, che assume varie forme animali e vegetali (“prima diventò un leone dalla folta barba, poi drago, pantera, grosso cinghiale. Diventava fluida acqua e albero dalle alte foglie”, vv. 456-459); nel famoso episodio della maga Circe, i compagni di Odisseo sono trasformati in maiali (Odissea X 229-243).
2 Ovidio, Metamorfosi
3 l’Orlando Furioso con la figura della maga Alcina.
4 Riferimenti a Ovidio in Shakespeare.
Dott. Angelo Schiavone Neurologo
Molto interessante e addirittura meravigliosa l’idea che qualcosa di noi resti attiva, sia pure per qualche tempo, dopo la morte.
Teresa Statuto