Se proviamo a consultare l’Enciclopedia dell’Arte Medievale di G. Arnaldi, troviamo che il significato della parola chiesa è riconducibile in primo luogo alla comunità dei credenti che vivono all’interno di un determinato contesto civile poi, dopo l’editto di Costantino, lo spettro semantico si allarga per includere anche l’edificio che ha la funzione di accogliere il momento assembleare di quella comunità.
Del resto il Vangelo di Matteo sembra suggerire questa duplice funzione quando Cristo, rivolgendosi a Pietro, dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. E’ evidente che Cristo buon pastore si occupa in primo luogo del gregge, e quindi di offrirgli un riparo che lo protegga dall’ingordigia dei lupi. Il riferimento evangelico all’edificio sacro, costruito sulla roccia perché resista agli attacchi del maligno, sembra essere citato in maniera inequivocabile dagli architetti cluniacensi che costruirono la nostra cattedrale la quale, nella sua struttura esterna, si presenta come una fortezza imprendibile con torri, archi e possenti strutture difensive.
All’interno la Cattedrale si caratterizza come una grande aula costituita dalla navata centrale, tutti gli altri spazi si connotano come funzionali a servizio dell’Assemblea.
Il Presbiterio è il proprium della dimensione sacerdotale e della ritualità liturgica, il portale d’ingresso, i transetti e il deambulatorio sono spazi a specifica connotazione didattica nei quali si articola la catechesi.
La cripta più propriamente detta confessio è il luogo ove un complesso sistema di rappresentazione iconografica spiega, in una mirabile sintesi, come l’Incarnazione riassuma in Cristo l’antropologia, la cultura e la civiltà dell’uomo, il tutto corroborato con espliciti rimandi alle fonti scritturali, patristiche ed al magistero ufficiale della Chiesa Romana. Un trattato apologetico contro la riforma protestante ma soprattutto un messaggio con tratti profetici, nel quale la Chiesa dimostra di vedere lontano ammonendo contro i rischi di un civiltà centrata sull’uomo che va incontro alle intemperanze di quella che sarebbe stata la civiltà e la cultura dell’illuminismo.
Certo, l’iconografia della Cattedrale si presta anche ad una lettura esoterica. Molti immagini sono difficili da interpretare con l’attuale strumentazione semiotica e quindi si prestano ad involute interpretazioni misteriche. Contro queste letture non è giusto elevare barricate, né ritengo sia corretto chiudere il tempio. L’uomo d’oggi si lascia interpellare dal mistero mosso da una insaziabile sete di verità. Abbiamo il dovere di studiare questo sistema iconografico e decodificarlo utilizzando gli stessi codici che utilizzarono i lapicidi dell’epoca per codificare sulla pietra il messaggio evangelico.
Il rischio più grande é quello di lasciarsi contaminare dal metodo esoterico, ove la verità è prerogativa degli iniziati e va espressa con cautela nella presunzione che non tutti siano in grado di coglierla. Questo rischio incombe sulla nostra comunità incerta sul suo futuro sia a livello civile che a livello ecclesiale.
Se la comunità verrà coinvolta con un serio e condiviso progetto di rilancio, sostenuto da un serio impegno formativo sulla partecipazione responsabile, io sono sicuro che saremo in grado di mettere delle solide basi per il nostro futuro. Nella dimensione ecclesiale, poi, finché siamo al riparo nella casa di Dio, nella nostra Cattedrale, sotto la guida pastorale della Chiesa che qui è rappresentata dal Pastorale di San Canio, siamo al sicuro, fiduciosi che la Vergine Maria Assunta in Cielo veglia su di noi.
Mi piace richiamare le parole che il Cardinale Martini pronunciò qui ad Acerenza quando ci suggeriva di aver cura della nostra tradizione e della nostra storia, “Dio é con Voi, siate segno di speranza” per il mondo contemporaneo.