Nell’ultimo decennio si sono intensificati gli sforzi della neurologia nella ricerca sulla demenza di Alzheimer e sulle eventuali terapie per il recupero della memoria. Ritengo sia interessante affrontare il tema anche da una prospettiva diversa, cioè quella dell’oblio di cui sin ora si sono interessati soprattutto filosofi e scrittori.
Per Borges “L’oblio è solo una forma della memoria, il suo luogo sotterraneo”, del resto Nietzsche, in “Umano troppo umano”, ci aveva ammonito: “molte cose bisogna lasciare nell’Ade dei sentimenti semicoscienti e non volerle staccare dalla loro esistenza di ombre, altrimenti esse diventano, come pensiero e parola, i nostri demoniaci padroni e chiedono crudelmente il nostro sangue”. Il filosofo, convinto dell’importanza dell’oblio ci ha lasciato quest’altra considerazione: “E’ possibile vivere quasi senza ricordo, anzi vivere felicemente, come mostra l’animale; ma è assolutamente impossibile vivere senza oblio”.
Gli attuali sistemi informatici, che attingono a sconosciute banche dati, ci hanno privato del diritto all’oblio. A questa mostruosa memoria digitale preferisco quella che Umberto Eco ha definito “memoria vegetale”, nata con l’invenzione della scrittura e supportata prima dal papiro e poi dalla carta. Umberto Eco nel suo racconto, intitolato appunto Memoria vegetale ci ricorda che con la carta si producono i libri e che l’etimologia di biblos e di liber rinvia alla scorza dell’albero. Oggi l’elettronica ci ha progressivamente allontanato dalla natura.
Quando andavo a scuola, l’insegnamento era teso a rinforzare la memoria per cui eravamo costretti ad imparare poesie e formule matematiche (vivo ancora l’incubo delle cosiddette “tabelline da portare a mente”). I nostri insegnanti consideravano la mente umana come un recipiente da riempire di informazioni. Nessuno di loro aveva compreso che il cervello, per immagazzinare nuovi dati, ha bisogno di liberarsi da informazioni in eccesso o inutili. Io avrei proposto, insieme all’ora di lezione dedicata alla memorizzazione di un testo, un’altra in cui si insegnasse a liberarsi delle nozioni superflue.
Cicerone nel “De Oratore” citava il caso di Temistocle che, dotato di memoria straordinaria, avrebbe preferito più dimenticare che ricordare. Borges nel racconto “Funes o della Memoria” ci descrive un personaggio dalla memoria tanto straordinaria da renderlo incapace di dimenticare. La sua mente, così affollata dai ricordi, non riesce a distinguere le cose importanti da quelle banali e a stabilire priorità al punto da diventare una specie di insufficiente mentale.
Baldasar Gracian nel seicento scriveva che: “saper dimenticare è una fortuna più che un arte. Le cose che si vorrebbero dimenticare sono quelle di cui meglio si ci ricorda. La memoria non solo ha l’inciviltà di non sopperire al bisogno, ma anche l’impertinenza di capitare spesso a sproposito”