Le date del 25 dicembre e del 6 gennaio, fissate per le festività del Natale e dell’Epifania, non hanno una solida tradizione storica.
Sappiamo con certezza che in Palestina la nascita di Gesù era ricordata il 20 maggio, mentre in Occidente, fino al quarto secolo d.C., non vi è alcuna traccia della festività di Natale né di quella dell’Epifania.
Il primo documento che ricorda la festività del Natale risale al 354 d.C., ma dell’Epifania non si ha ancora alcun ricordo.
Il papa Liberio, vissuto tra il 352 e il 358, in un suo sermone in occasione della consacrazione religiosa di Marcellina, sorella di Sant’Ambrogio, ricorda: “hai desiderato, o figlia, ottime nozze, considera quanta gente accorre al Natale del tuo sposo. Nessuno torna indietro senza essersi saziato a sufficienza. Egli è colui che invitato a nozze, mutò l’acqua in vino». L’espressione di papa Liberio lascia supporre che la festività del Natale era al suo tempo già un’antica consuetudine nella liturgia cristiana e nella comune mentalità dei seguaci di Cristo.
La festività del Natale, suggerita dalla comunità cristiana di Roma, si diffuse rapidamente in Oriente a partire dall’ultimo quarto del IV secolo d.C.. Verso il 380 a Costantinopoli e in Asia Minore, nel 386 ad Antiochia, nel 430 in Egitto e in Palestina.
Ma nell’antica liturgia le due festività del Natale e dell’Epifania sono inscindibili, tanto che alcuni eretici, come ad esempio i Donatisti, celebravano le due festività nello stesso giorno del 25 dicembre, in cui erano ricordati sia i magi provenienti dall’Oriente sia i pastori che accorsero a Betlemme, secondo la narrazione dell’Evangelista San Luca.
C’è da dire inoltre che quando l’uso della festività di Natale emigrò da Roma verso le regioni dell’Africa settentrionale e in Medioriente, fu soprattutto l’adorazione dei Magi ad essere messa in primo piano. I sei sermoni di Sant’Agostino sulla festività dell’Epifania non parlano che dei magi e del loro arrivo a Betlemme dopo un lungo e faticoso viaggio guidato da una stella.
Intorno al 383 dunque, quando le commemorazioni del Natale e dell’Epifania cominciarono a diffondersi in Oriente, in Italia in generale e a Roma in particolare erano già una gran festa, celebrate con molte solennità e con un gran numero di fedeli presenti alle liturgie che ricordavano soprattutto l’adorazione dei Magi venuti dall’ Oriente.
L’oggetto principale della festa era dunque quello dell’adorazione dei Magi, a cui ogni comunità aggiungeva dei piccoli particolari, secondo le singole interpretazioni delle narrazioni evangeliche.
Sant’Ambrogio intorno all’anno 377 introdusse l’uso di festeggiare il 6 gennaio sia la natività del Signore sia il miracolo delle nozze di Cana. È probabile che Ambrogio si sia lasciato influenzare dall’uso corrente al tempo di papa Liberio, il quale aveva benedetto il velo di sua sorella Marcellina, che insieme con altre donne dell’alta aristocrazia milanese, andava organizzando un sistema di vita casta, differente dal comune comportamento delle cortigiane e dei parassiti.
Ma come si è arrivati a stabilire la data del 25 dicembre? Gli autori non sono tutti unanimi nelle interpretazioni. Si ritiene infatti che i cristiani dei primi secoli abbiano fissato quella data per congetture oppure abbiano voluto con quella ricorrenza sostituire una precedente commemorazione pagana.
Nella prima ipotesi, la data del 25 dicembre sarebbe scaturita da un preciso calcolo matematico. Secondo un’antica credenza Gesù sarebbe stato crocifisso il 25 marzo. Questa data fu scelta forse perché coincideva con l’equinozio di primavera, ed era anche il giorno in cui, secondo un’antica credenza popolare, avvenne la creazione del mondo.
Partendo dunque dalla data del 25 marzo, i credenti nel Messia ritenevano che l’Incarnazione del Figlio di Dio era avvenuta nello stesso giorno di 33 anni prima. Calcolare infatti eventuali frazioni dell’anno nella vita di Gesù sulla terra era considerata un’imperfezione, non ammissibile nel figlio di Dio. La nascita di Gesù sarebbe avvenuta quindi nove mesi dopo quella data del 25 marzo.
Una seconda ipotesi propone l’influenza di una festività pagana, trasformata dai cristiani per ricordare la nascita di Gesù in terra. Un’ipotesi certamente suggestiva e molto vicina alla realtà storica del tempo. Nel terzo e quarto secolo infatti la Chiesa era in concorrenza con il paganesimo e in continuo sforzo di inserirsi nel mondo pagano, secondo le illuminate indicazioni del Vangelo e della pedagogia trasmessa dall’Apostolo Paolo. Del resto, dai diversi elementi del culto pagano del sole, le cui festività iniziavano nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, alla luce del Cristo il tratto è molto breve. Sono numerosi, del resto, i passi biblici che alludono alla luce solare per indicare la presenza di Dio tra gli uomini: «Al sole ha innalzato il Signore una tenda, ed egli simile a sposo s’avanza lieto quale prode a percorrere il suo giro».
Gli autori cristiani inoltre, sensibili alle credenze popolari e non alle interpretazioni provenienti dalla natura, ritenevano che il sole di giustizia cominciava a crescere in coincidenza con il solstizio d’inverno. Era pertanto ovvio che la nascita di Cristo dovesse coincidere con i giorni che iniziano ad aumentare rispetto alla notte.
L’origine della festa dell’Epifania ci porta direttamente in Egitto, seguendo le indicazioni di Clemente Alessandrino, il quale ricorda una festività celebrata negli ambienti gnostici per ricordare la nascita di Basilide, fissata per il 20 del mese di maggio.
Tutti gli autori sono concordi nel ritenere che il giorno dell’Epifania è fissata al quarto mese del nuovo anno. Occorre tuttavia ricordare che l’origine del nuovo anno non coincideva nelle varie tradizioni religiose e civili del mondo antico. Per alcuni infatti l’inizio del nuovo anno partiva dal mese di settembre, mentre per altri iniziava il primo del mese di gennaio.
Ma alla fine del IV secolo in Egitto si celebrava ormai una sola festa dell’Epifania, ossia quella del 6 gennaio.
Sant’Epifanio racconta che nella notte della nascita di Cristo, ossia tra il 5 e il 6 gennaio, si svolgeva una lunga e sontuosa liturgia, ad Alessandria, a Petra, in Siria e in altri luoghi dell’Oriente cristiano.
Le due festività, ora distinte, si svolgevano dunque all’origine in una sola data, per ricordare diversi avvenimenti della vita terrestre di Cristo, collegati tuttavia costantemente con le interpretazioni teologiche e soprattutto cristologiche dei testi biblici. La pedagogia delle prime comunità cristiane considerava soprattutto come punto di arrivo l’evangelizzazione delle genti più che ricordare un fatto o un evento accaduto in un certo giorno nella terra di Palestina. Ancora oggi, del resto, negli ambienti ortodos!ì il Natale è ricordato il sei del mese di gennaio, secondo la più antica tradizione dell’origine di queste festività cristiane di fine anno e inizio del nuovo.
Lucido e penetrante, come sempre da parte del compianto amico e Collega. Aggiungerei che si deve tener conto della possibile influenza esercitata da Costantino, che si proclamava incarnazione del Sol Invictus, il cui culto era diffusissimo, tanto da far spostare il giorno di riposo e festa settimanale dal Sabato, osservato dagli Ebrei, alla Domenica, che, per l’appunto, era il giorno di festa del Sol Invictus.
Va anche tenuto presente che verosimilmente Gesù è morto a 36 e non a 33 anni, indicati per un errore di Dionigi il Piccolo che indicò, per la nascita di Gesù, il 753, invece del 749.
Grazie Professore per la precisazione. La storia ha tutta la suggestione del bosco, in ogni anfratto una suggestione.
Donato Pepe