Una recente ricerca pubblicata sulla rivista “Nature Neuroscience”(1) ha dimostrato che nel cervello di individui messi a contatto con gruppi etnici differenti dal proprio, si attiva l’amigdala: nucleo cerebrale specializzato in emozioni a carattere negativo (paura, disgusto). Se i soggetti sono però educati al rispetto e alla convivenza con individui etnicamente diversi, dopo un millesimo di secondo interviene il nucleo accumbens dorsale che registra un conflitto e quindi la corteccia prefrontale dorso laterale, che è in grado di dominare le reazioni negative subconsce.
Il nostro cervello secondo i ricercatori è istintivamente razzista e solo un processo di sensibilizzazione culturale attiva meccanismi superiori di controllo. Il fenomeno è noto col termine Reappraisal: “riesame”, “rivalutazione”, cioè quel processo mentale che permette di modificare l’interpretazione che si dà ad uno stimolo emotivo, con l’obiettivo di ridurre il potenziale effetto stressante.Che il razzismo fosse un comportamento istintivo e animalesco lo aveva efficacemente rappresentato lo scrittore polacco Jerzy Kosinski nella sua opera più famosa “l’uccello dipinto”(2). Nel romanzo il giovane Lekh prende in trappola un grosso corvo e ne dipinge le ali di rosso, il corpo di verde e la coda di blu liberandolo poi nello stormo. L’uccello, dall’aspetto così diverso, viene ferocemente attaccato e ucciso dagli altri corvi. Come l’uccello anche il protagonista, un bambino di carnagione olivastra, probabilmente figlio di zingari, vaga durante la seconda guerra mondiale per i villaggi dell’Europa orientale maltrattato, venduto e comprato, costretto a lavorare come un servo perché di etnia diversa(3).
Le idee eugenetiche nell’uomo sono documentate sin dai tempi di Platone che nella “Repubblica” aveva scritto:
“Pertanto stabilirai per legge nella città una medicina e un’arte giudiziaria nelle forme che abbiamo descritto, in maniera che curino soltanto i cittadini validi nel corpo e nell’anima e, quanto agli altri, i medici lascino morire coloro che presentano difetti fisici, i giudici sopprimano coloro che sono guasti e incurabili nell’anima“.
Nel testo si ritrovano anche tracce del pensiero eugenetico: “In base alle nostre premesse, occorre che i maschi migliori si uniscano alle femmine migliori il più spesso possibile, ma il contrario vale per le persone da poco; e occorre allevare i figli di quelli ma non di queste, se il gregge deve essere assolutamente eccellente”(4).
Come Platone, Tommaso Campanella immaginava un sistema di pianificazione delle nascite di tipo eugenetico.
Ne “La città del sole” narrava di alti ufficiali deputati alla combinazione dei matrimoni e un gran dottore della medicina preposto a vigilare sulla vita sessuale dei cittadini:
Mor “ha cura della generazione, con unir li maschi e le femmine in modo che faccin buona razza; e si riden di noi che attendiamo alla razza dei cani e dei cavalli e trascuramo la nostra”.
La prima classificazione degli uomini in razze fu pubblicata nel 1684 ad opera di François Bernier (5), filosofo e viaggiatore francese che aveva conseguito la laurea triennale in medicina a Montpellier dove dal 1220 era attiva la prima facoltà di medicina d’Europa (6).
Bernier nel corso dei suoi viaggi soggiornò per 12 anni in India come medico personale dell’imperatore Mughal Aurangzeb.
Amico di Molière, fu anche suo consulente per la scrittura del Malade imaginaire, commedia in cui si mettevano in ridicolo i medici del tempo. I criteri distintivi della sua classificazione si basavano su parametri fisici, ad esempio il colore della pelle, e non più sullo schema classico della bibbia. Quattro erano per lui i principali gruppi razziali: europei, nativi americani, nord africani e sud-asiatici. Nelle sue descrizioni, a proposito dei capelli degli africani, Bernier scriveva: “non sono esattamente capelli ma piuttosto una sorta di lana come quella che vediamo presso le orecchie di certi nostri cani”.
Malgrado i termini alquanto coloriti la classificazione fu in uso per circa un secolo per scopi scientifici e non discriminatori, fin quando cioè, nel 1758 Linneo(7), medico e naturalista svedese, scrisse un trattato sulle differenze fra le popolazioni dei diversi continenti.
Linneo nell’opera Sistema naturae classificò, per la prima volta, il genere umano all’interno della specie Homo Sapiens. Individuò sottospecie geografiche che distinse in base a criteri, che oggi ci appaiono privi di validità scientifica, quali l’abbigliamento. L’ Homo sapiens americanus veniva descritto dal temperamento tenace, libero, tradizionalista, dal corpo dipinto; l’Homo sapiens europeus, vestito con abiti attillati, dal carattere spiritoso, vivace, inventivo e governato dalle leggi; l’Homo sapiens asiaticus, austero, orgoglioso, avaro, coperto da ampie vesti ed infine un Homo sapiens afer, cosparso di grasso, astuto, lento , negligente e capriccioso.
Nel 1855 Il conte e diplomatico francese Joseph-Arthur de Gobineau (1816-1882), pubblicò il “Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane” nel quale si descriveva una gerarchia di razze umane al cui vertice vi era quella bianca.
La razza bianca per Gobineau era costituita dagli Ariani, provenienti dall’Asia centrale e poi mescolatisi con razze inferiori del sud Europa.
Nel 1871 Darwin(8)scriveva:
“Noi uomini civilizzati facciamo di tutto per arrestare il processo di eliminazione; costruiamo asili per pazzi, storpi e malati; istituiamo leggi per i poveri ed i nostri medici esercitano al massimo la loro abilità per salvare la vita di chiunque all’ultimo momento. Vi è motivo per credere che la vaccinazione abbia salvato un gran numero di quelli che per la loro debole costituzione un tempo non avrebbero retto al vaiolo. Così i membri deboli delle società civilizzate propagano il loro genere. Nessuno di quelli che si sono dedicati all’allevamento degli animali domestici dubiterà che questo può essere altamente pericoloso per la razza umana … Dobbiamo quindi sopportare l’effetto, indubbiamente cattivo, del fatto che i deboli sopravvivano e propaghino il loro genere, ma si dovrebbe almeno arrestarne l’azione costante, impedendo ai membri più deboli e inferiori di sposarsi liberamente come i sani”(9).
Il cugino di Darwin, Francis Galton (1822-1911) nel 1883 sostenendo l’esistenza di razze superiori e tra queste la razza bianca, fondò l’eugenetica(10) (eu = buona; genia = discendenza).
L’eugenetica detta anche darwinismo sociale o stirpicoltura, fu da Galton definita come lo “studio dei fattori sotto controllo sociale che possono migliorare o peggiorare la qualità delle razze delle generazioni future”.
Le pubblicazioni di questi studiosi posero le basi teoriche per il “razzismo scientifico” che dilagò in Europa nella prima metà del novecento e fornì ad Hitler la giustificazione per sterminare milioni di persone tra Ebrei, Rom e Sinti. A distanza di più di un secolo da quelle ricerche la prestigiosa rivista Current Biology11 ha pubblicato uno studio che dimostra come “i diversi” siano proprio i razzisti. Il loro cervello, di fronte al dolore di persone di altre etnie, non attiva i circuiti cerebrali dell’empatia rendendo difficile l’identificazione spontanea nell’altrui sofferenza fisica.
Dott. Angelo Schiavone
2 Jerzy Kosinski, L’uccello dipinto; Guanda.
3 Circa 500.000 Rom e Sinti sono stati trucidati dai nazisti.
4 Platone (428 a.C. – 348 a.C.), Repubblica, V.
8 Charles Robert Darwin (Shrewsbury, 12 febbraio1809 – Londra, 19 aprile1882)
9 Darwin, l’origine dell’Uomoe la selezione in rapporto al sesso, p. 148.
10 Hereditary Genius del 1869
11 Alessio Avenanti, Angela Sirigu, and Salvatore M. Aglioti. Racial Bias Reduces Empathic Sensorimotor Resonance with Other-Race pain. Current Biology 20, 1018-1022, june 8, 2010.