Il termine teriantropo deriva dal greco therion, “animale selvaggio” e antropos “uomo” e ci rimanda al mito di Zeus che trasformò il re Licon di Arcadia in un lupo furioso.
Una delle prime testimonianze storiche di teriantropia giunge dall’antico Egitto dove era usuale la rappresentazione degli Dei in parte in forma umana in parte animale. Il dio Anubi, protettore della necropoli col compito di accompagnare il defunto davanti al tribunale supremo degli dei, era raffigurato con la testa di cane e il corpo d’uomo.
Ritroviamo la figura mitica dell’essere uomo/cane anche nell’antica Grecia sin dall’VIII sec. a.c. . Esiodo infatti collocava sulle coste del Mar Nero gli Hemikynes (umanoidi dal corpo di cane ) e i Kinokephaloi (uomini dalla testa di cane). La tragedia Ecuba di Euripide (424 a.c.) narra la trasformazione in cagna della sposa di Priamo mentre Aristotele nel trattato De Physiognomonia sviluppa in modo sistematico un confronto fra gli uomini e gli animali. A lui si attribuisce l’uso del termine Cinocefalo per indicare creature umane con la testa di cane.
Luciano di Samosata (384 – 322 a.c.), nell’opera satirica Storia Vera, immagina la razza dei Cinobalanoi, popoli di uomini-cane. Anche la Bibbia ci narra di teriantropi come il re Nabucodonosor che per via della sua vanità, venne trasformato in un essere simile a un lupo. Durante tutto il medioevo ritorna la figura del Cinocefalo. Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum afferma che i Longobardi, per intimorire gli avversari, lasciavano credere di avere tra loro dei feroci cinocefali.
Nella Passio sancti Christophori martyris, un testo presente in varie opere di patristica, viene riportata la leggenda di San Cristoforo, cinocefalo convertitosi al cristianesimo. Il santo è raffigurato in moltissime icone e affreschi bizantini con le fattezze di Cinocefalo. Secondo alcune interpretazioni, il termine cinocefalo testimonia la sopravvivenza della tradizione egizia di un Dio ”traghettatore” delle anime dei defunti, così come San Cristoforo aveva “traghettato” Gesù bambino, portandolo sulle spalle da una riva all’altra di un fiume.
Nel rinascimento il cuore della Cattedrale di Acerenza accolse una magnifica opera d’arte: la cripta, fatta realizzare dal conte Giacomo Alfonso Ferrillo. Lo sguardo attento di Donato Pepe ha colto, nelle testine poste alla base di due colonne, una progressiva metamorfosi dei volti che richiama la suggestiva figura del teriantropo.
Il feudo di Acerenza nel 1602 fu ereditato dal duca Galeazzo Pinelli membro dell’Accademia degli Oziosi insieme a Giovan Battista Basile e a Giovan Battista Della Porta. Quest’ultimo, nato a Napoli nel 1535, riprese la fisiognomica di Aristotele estendendola a tutto il mondo animale. Nel 1586 pubblicò il De Humana physiognomica, trattato che lo pose sotto il terribile occhio dell’inquisizione. Dal libro provengono le seguenti immagini che mostrano gli studi di confronto tra i volti animali e quelli umani.
Nel 1791 fu pubblicata, a due anni dalla morte dell’autore, l’opera principale di Petrus Camper (1722 – 1789) dal titolo: dissertazione fisica sulle vere differenze che presentano i tratti facciali di uomini di diversi paesi e di diverse età e sulla bellezza che caratterizza le statue e le pietre incise dell’antichità, seguita dalla proposta di un nuovo metodo per disegnare teste umane con la massima precisione. Camper fu professore di anatomia ad Amsterdam ma anche un buon pittore con studi accademici. Conoscendo bene la pittura rinascimentale rimaneva disturbato dalla rappresentazione che spesso veniva fatta di uno dei re magi, quello nero, come un europeo dal volto scuro. Si applicò pertanto nello studio dei crani e dei volti umani delle varie etnie fino a individuare un sistema di classificazione dei volti basato sulla misurazione dell’angolo facciale.
Tali studi lo portarono a concludere che esisteva un progressivo aumento di tale angolo nel confronto tra la scimmia antropomorfa, l’uomo di etnia nera, l’uomo bianco europeo e le antiche statue di divinità greche. Premesso che Camper scriveva due secoli prima di Darwin, il suo fu uno studio mirato non alla discriminazione fra le “razze” bensì all’individuazione dei criteri di analisi della bellezza umana.
Le misteriose grotte di Verona e di Chauvet destano la curiosità dell’archeologo, dell’antropologo e del neurologo . Già nella preistoria è documentata l’idea di una metamorfosi umano-animale rappresentata dalla figura del teriantropo. Nei pressi di Verona sono visitabili le Caverne Fumane dove alcune lastre rocciose riportano dipinti in ocra rossa risalenti almeno a 32000 anni fa. Si tratta delle più antiche pitture rupestri conosciute. La scoperta, riportata sulla rivista Science [1], riguarda dipinti raffiguranti un essere per metà umano e metà animale.
Un teriantropo metà uomo, metà bisonte è raffigurato anche nelle grotte di Chauvet in Francia. Si tratta di pitture così antiche da far affermare allo studioso di preistoria Jean Clottes che il teriantropo faccia “parte degli universali della psiche umana” [2]. Questa affermazione richiama alla mente una rara sindrome psichiatrica di depersonalizzazione somatopsichica detta licantropia clinica, caratterizzata dalla convinzione da parte del paziente di potersi trasformare, sia nel comportamento che nell’aspetto, in un animale, spesso in un lupo [3]. Nel 1598 in Germania fu arso vivo Peter Stump che confessò di aver ricevuto dal diavolo la capacità di trasformarsi in lupo. Stump per 25 anni si nutrì di carne umana, assassinando centinaia di persone tra cui il suo stesso figlio. Le cronache degli anni quaranta e cinquanta, del XX secolo in Italia, riportarono due casi di licantropia clinica [4]. La “lupa di Posillipo” era una donna di nome Iolanda che, convinta di trasformarsi in lupo, durante le notti di luna piena avvertiva una sensazione come di orgasmo, che saliva fino alla gola e la induceva a produrre bava e ad ululare. Iolanda per questo subì un ricovero presso l’ospedale degli incurabili da cui poi scappò. Pasquale Rossi denominato il “lupo mannaro di Villa Borghese”, presentava crisi caratterizzate da una grande forza e dall’irresistibile voglia di correre sull’erba e di morderla.
Oltre ai casi psichiatrici, esistono ipertricosi congenite generalizzate, che causano la crescita di un fitto strato di pelo sulla faccia e sul corpo del paziente. Tra queste la sindrome di Ambras è caratterizzata da un eccesso di peluria fin dalla nascita. È una condizione molto rara, che non ha una predilezione geografica, etnica o sessuale. Sono stati riportati circa 40 casi nel mondo. L’intero corpo dei pazienti è coperto da peli leggermente colorati e setosi, che possono raggiungere diversi centimetri di lunghezza e sono più diffusi sul viso, sulle orecchie e sulle spalle. Il nome della sindrome deriva dal castello di Ambras presso Innsbruck dove si trovano i ritratti di un’intera famiglia colpita da ipertricosi generalizzata. La famiglia di Petrus Gonsalvus (1537 – 1618), nobile spagnolo, appartenente alla corte di Enrico II di Francia fu studiata dal naturalista italiano Ulisse Aldrovandi [5].
Ad oggi sono un centinaio i casi noti di ipertricosi in tutto il mondo, tutti su base genetica.
Dott. Angelo Schiavone
[1] Paintings in Italian Cave May Be Oldest Yet. Michael Balter. Science 20 October 2000: 419-421.
[2] The Shamans of Prehistory: Trance and Magic in the Painted Caves. Jean Clottes & David Lewis-Williams. Harry N. Abrams, Inc. 1998.
[3] Garlipp P, Gödecke-Koch T, Dietrich DE, Haltenhof H, Lycanthropy- psychopathological and psychodynamical aspects in Acta Psychiatr Scand, vol. 109, nº 1, gennaio 2004, pp. 19–22.
[4] Il termine Licantropo deriva dal mito, raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio, del re dell’Arcadia Licaone trasformato da Zeus in un lupo feroce che si cibava di carne umana.
[5] Monstrorum historia cum Paralipomenis historiae omnium animalium, Bononiae, Nicolò Tebaldini, 1642.
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