LA SINDONE E IL SUO VALORE DELL’ESSERCI – Due semplici riflessioni sul Sacro Telo di Torino

 

Se la Sindone non fosse esistita, cosa avrebbe perso il mondo?

 

In linea di massima,  l’assenza del Sacro Lenzuolo nella storia umana recente non avrebbe comportato nessuno elemento negativo per il Cristiano: se l’individuo crede, sa e ha già tutto, non ha bisogno della reliquia per il credere in sé.

Nel caso specifico della Sindone di Torino, forse il credente di cultura,  interessato al tema, non avrebbe  appreso qualcosa di scienze complesse come la fisica nucleare, la microscopia elettronica, l’elaborazione digitale delle immagini, il calcolo matematico delle probabilità.  O nulla avrebbe saputo della  palinologia (la scienza dei pollini), della numismatica (la scienza delle monete) ed anche di storia dell’arte religiosa … e di  tante altre discipline – in tutto si calcola che sono 25 le specializzazioni scientifiche  che è stato necessario interrogare per affrontare  le mille questioni  sindonologiche e risolvere il Mistero della Sindone: mai un reperto archeologico è stato oggetto di studio di così ampio respiro.  E con risultati, è opportuno dirlo, tutti convergenti positivamente sulla storicità e autenticità del Telo come Lino Sepolcrale di Cristo, formula non ancora ufficializzata per la saggezza della Chiesa.

L’uomo religioso che ha creduto fin dal primo momento che l’Immagine Sindonica sia di Cristo, forse si sarebbe risparmiato una circostanza in più offerta agli psicologi di una certa frangia: negli ultimi anni hanno espresso un giudizio negativo sulle sue capacità cognitive perché limitate dalla fede,  ritenendole di livello inferiore rispetto a quelle esibite dai non credenti in genere. È tutta la capacità di credere nel divino ad essere messa in discussione. In sintesi, la religiosità è interpretata come espressione di una persistente immaturità del soggetto nel suo sviluppo psicologico.

A questi giudizi inutile rispondere che in realtà  la religiosità non spegne l’intelligenza, la esalta semmai, riuscendo ad espandere il proprio  orizzonte in una dimensione diversa dalla opacità di ogni giorno. O comunque, se indebolisce la capacità di obiettività,  lo fa nella stessa misura  dell’ideologia di segno opposto: i circuiti cerebrali coinvolti nel credere e non credere sono gli stessi, è stato dimostrato.

Ma forse è il caso di pensare  che di fondo molti scienziati non riescano a cogliere la differenza tra una trave, la loro, e la pagliuzza dell’uomo religioso: probabilmente sono le loro capacità speculative da mettere in discussione, se di fronte alla molteplicità delle evidenze sull’autenticità della Sindone, insistono nel negarla. E potrebbe esserci  anche per loro una motivazione psicologica che nega per negare.

Continuando: se non ci fosse stata la Sindone,  molto di più avrebbe perso invece la persona di cultura aperta alla percezione di un mistero: disposta a meravigliarsi, vive dell’attesa  che il mistero gli si sveli nell’ enorme letteratura creatasi intorno al tema. E forse dentro.

Per chi invece ha già raggiunto da tempo, prima delle scienze, le sue conclusioni sulla Sindone, avrebbe dovuto continuare a credere senza il vedere e toccare di evangelica memoria.

Ma per buona pace di chi ne nega l’autenticità, la Sindone esiste! Da quanto tempo, è ancora luogo di discussione – giusto per stare al gioco degli storici ad ogni costo -, ma è interessante che esiste un Lenzuolo di Lino che porta l’ Immagine di un Uomo Crocifisso con una storia di torture sovrapponibile a fotocopia a quella di Cristo.

Ma mentre si scrive, sorge il dubbio che la Sindone possa essere in effetti un’ultima occasione offerta ai Tommaso sparsi per il mondo, per la speranza di un viraggio dei circuiti neurologici verso la passione del Mistero Puro, a cui si accede, meraviglia delle meraviglie, grazie alle  capacità neurocognitive dell’uomo finalizzate  alla fede logica e ragionata.

 

La Sindone,  poteva non esserci?

L’argomento così come posto richiede una ricerca basata sull’analisi ‘strutturale’ della vicenda, ripartendo da un esame più semplice ma sottile nello stesso tempo, del materiale che la letteratura evangelica  e sindonologica offrono, considerandole da un’ angolatura pratica, ma sempre logicomente deduttiva.

 

La storicità della  Crocifissione di Cristo

È il primo passo da affrontare per la questione. Infatti, formulando il ragionamento secondo le linee appena indicate, ne deriva che: se secondo i criteri moderni di analisi storica si può dimostrare  che è avvenuta realmente una crocifissione degna di cronaca per l’epoca, deve esserci stata necessariamente la morte del crocifisso, obiettivo finale della condanna. Ne deriva ancora che se c’è stato  un cadavere, si perdoni  il termine  forte  valido però per i tempi della Passione di Cristo, doveva seguirne ‘lo smaltimento’.  Questo è il filo logico da sviluppare.

 

Sulla crocifissione

Iniziamo dunque col discutere della storicità della crocifissione. Condanna a morte di una violenza inaudita, era ben nota da tempo ai Romani e ai Greci, ma i testi degli storici dell’epoca parlano solo genericamente delle esecuzioni, talvolta anche di massa, secondo le circostanze politiche, militari e i reati da punire. Altresì non sono reperibili documenti storici sull’identità di qualche condannato alla crocifissione nel I secolo talmente importante da meritare l’onore delle cronache storiche: erano solo criminali  su cui cadeva il silenzio.

Invece  gli Evangelisti, punto per punto, hanno raccontato lo sviluppo di questa tragedia a carico di un personaggio, Cristo, che all’epoca diceva e dimostrava di essere il Figlio di Dio, guarendo e perdonando.  Il nome ‘Cristo’ è stato riportato in diverse citazioni, anche di autori contrari al Cristianesimo, attestando la storicità sia di Cristo ebreo e nazareno che della Sua morte per crocifissione.

 

Brevi citazioni storiche

Da un esegeta del calibro di p. R. Brown (1) si apprende che ci sono documenti anche di storici ben lontani dalla fede cristiana, che testimoniano l’avvenuta crocifissione di Cristo e solo questa nella prima metà del sec. I. Pensiamo a Giuseppe Flavio, ebreo ma di cultura latina, ed al suo Testimonium Flavianum. In una citazione usa l’espressione “detto il Cristo” tipicamente ebraica e non cristiana. per distinguere il Gesù crocifisso da altri personaggi con lo stesso nome, coinvolti nelle rivolte giudaiche.

Si potrebbe citare Tacito, storico e senatore romano. Nel VI libro dei suoi Annali,  nella parte dedicata agli anni 29-31 d.C., seppure con qualche lacuna, si trovano i riferimenti al Nazareno, “… che era stato suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio…”.

Altro contributo giunge da Gaio Plinio Secondo, delegato legale per la provincia della Bitinia (Asia Minore). In una lettera del settembre 112 d.C. inviata all’imperatore Traiano, chiede l’approvazione sul suo metodo di condurre istruttorie e mandare a morte i Cristiani, accennando al costume che hanno questi a “riunirsi prima dell’alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio.”

La serie delle citazioni può continuare con Svetonio (69/70 – 140 d.C.),  con il celebre oratore romano Marco Cornelio Frontone (100-168 d.C.): nella sua Orazione contro i cristiani, li  indica seguaci “…di un uomo punito per un delitto con il sommo supplizio e il legno della croce… “.

Con questi suggerimenti, si ritorna a ribadire come i testi storici latini concordino unanimemente nell’ accennare alla sola Crocifissione di Cristo consumatasi in uno specifico arco di tempo (I secolo),  rapportandola ad un fenomeno nuovo che andava affermandosi, il Cristianesimo.

 

Sulla sepoltura.

Ad una crocifissione deve seguire una  sepoltura. Anche alla  Crocifissione di Gesù Cristo storicamente citata, lo ribadiamo,  come un unicum per la cronaca dell’epoca,  doveva seguire una sepoltura.

All’epoca in Israele c’erano due possibilità per la sepoltura di un condannato a morte. La legge romana prevedeva la sepoltura in una fossa comune o il corpo era dato alle bestie.. (2)

Esisteva poi la sepoltura di tipo ebraico, in tomba a camera per i ricchi, in fossa singola per i poveri. Per il condannato a morte dai Romani, il rito ebraico  poteva essere  applicato solo con l’autorizzazione delle autorità romane.

Sul piano della valenza storica, gli Evangelisti specificano il tipo di sepoltura avuta da Cristo e  lo fanno sia citando dei personaggi locali autorevoli che la rendono possibile, sia accennando alle procedure (Marco, 15,46; Matteo 27, 59; Luca 23,50; Giovanni 19,38).

Così narrano di  Giuseppe d’Arimatea, membro del Sinedrio, quindi un’autorità, che chiede a Pilato di andare in deroga alle disposizioni romane, disponendo il rilascio del Corpo Spento di Cristo, per seppellirlo nella propria tomba di famiglia. Dello stesso personaggio gli Evangelisti riferiscono  l’acquisto di un rotolo di lino purissimo, a conferma del suo livello sociale – non era disponibile per tutti -, ma anche per dare un’ulteriore indicazioni sulla tipologia di sepoltura: quella riservata alle autorità o famiglie benestanti, in una tomba nuova e pertanto vuota.

Si aggiunge poi la presenza di Nicodemo (Giovanni 19,39) , fariseo, dottore della Legge e membro del Sinedrio: di nascosto seguace di Cristo, alla Sua  morte così ignominiosa finalmente viene allo scoperto. Lo fa portando per la sepoltura una grande quantità di aromi: è un’ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, per il tipo particolare di sepoltura riservata ad un Maestro, se non ad un re.

Si deve notare la citazione dei nomi dei personaggi, modalità di narrazione libera dal timore di una sconfessione: è questo un criterio per affermare la storicità dei fatti.

 

Il ragionamento  logico

Costa qualche ripetizione, ma può essere opportuno ripetere  una prima  sintesi dell’articolazione logica dei fatti e dei concetti fin qui rappresentati.

È avvenuta una crocifissione che ha fatto scalpore. Diverse fonti dell’epoca la assegnano ad un personaggio chiamato Cristo. C’è stata una sepoltura  molto particolare, in deroga alle disposizioni  romane sui condannati a morte, ma autorizzata dal massimo rappresentante di Roma (Luca, 23,52)

L’episodio dell’autorizzazione è descritto dagli Evangelisti in modo puntiglioso, la sequenza doveva essere chiara: viene formulata la richiesta a Pilato da un’autorità ebrea, segue il controllo di legge con il colpo di lancia sull’ effettiva morte del condannato, c’è quindi la concessione della deposizione del corpo per la sepoltura. Se ne possono intuire i motivi: i tentativi di discredito orditi dal Sinedrio per giustificare la tomba vuota. (Matteo 28,15)

Il racconto continua con particolari in cui si conferma che Cristo è sepolto secondo il costume ebreo, una tradizione storica codificata da leggi specifiche. È l’Evangelista Giovanni (19,38) a confermarlo con precisione: la Sepoltura di Cristo è avvenuta secondo l’ usanza dei Giudei,  “quella di avvolgere in fasce insieme con oli profumati”.

In sintesi fin qui ci sono prove sufficienti per dire che è esistito il Corpo di Cristo, che è stato sepolto in un luogo preciso, in modo tale da non potersi confondere la tomba e quindi il corpo stesso.

 

I Lenzuoli funebri

Il filo logico del ragionamento permette di continuare a pensare che, se c’è stata una sepoltura di tipo ebraico, che cercava sempre di onorare il defunto,  dovevano esserci stati i panni funebri per avvolgere il corpo e ungerlo con aromi.

È quanto narrano i Vangeli (Marco 15,46; Matteo 27, 59, Luca 23,50, Giovanni 19,38), sempre nella loro essenzialità: concordano sull’uso di panni funebri di lino candido e puro, al di là delle differenze dei termini usati sia nel loro linguaggio, sia per le diverse traduzioni dei testi evangelici seguite nel tempo. Comunque c’è ormai un unanime consenso che nei Vangeli si parli sia di un candido lenzuolo (la sindòn)  che di fasce (le othònia di Giovanni), prima chiamate bende per un problema di traduzione dai testi greci (3, 4).

Entrambi i tipi di panni furono ricavati dal rotolo acquistato da Giuseppe d’Arimatea, pertanto nella sepoltura di Cristo si hanno: un lenzuolo posato sul corpo che lo avvolge, delle fasce che avvolgevano il telo principale per contenerlo aderente al corpo e per ispessirne la copertura e deporvi gli aromi. Una fascia è servita  come sudario o mentoniera.

 

Altri panni funebri non citati dai Vangeli

Sono quei panni che devono essere stati usati anche prima della sepoltura,  per motivi di pietà umana, non espressamente citati dai Vangeli.

Proviamo ad immaginare, in attesa del disbrigo delle formalità per avere il Corpo,  il Volto di Cristo ancora appeso alla Croce, col capo grondante di sangue per la  corona di spine, con la bocca aperta… perde saliva mista a sangue: non doveva essere un bello spettacolo. Ancora oggi è espressione di pietà umana quella di coprire almeno il volto delle vittime degli incidenti stradali e sul lavoro.

Altro particolare: secondo le disposizioni romane il crocifisso doveva essere quasi nudo (5), condizione che gli Ebrei non accettavano. Anche in questo caso, estintasi la condanna con la morte, si può pensare ad un telo che coprisse le nudità del Corpo di Cristo, anch’esso con le sue macchie di sangue, considerando la violenza della flagellazione. Non è difficile dunque pensare che questo possa essere avvenuto anche per Gesù Cristo da parte delle Pie Donne e dei suoi Discepoli. Conoscendo gli usi del popolo in certe occasioni, era anche possibile che ognuno portasse i propri panni, come segno di premurosa  attenzione e familiare  condivisione del momento.

 

La legge ebraica sui teli funebri

Anche lo smaltimento dei  teli funebri era regolato: tutti, con o senza macchie di sangue, dovevano essere seppelliti insieme al corpo o bruciati (6).

Chi li toccava diventava impuro, con l’obbligo dei riti di purificazione. Si può dunque  comprendere quanto poco maneggevoli fossero, di fondo,  i teli sepolcrali nel costume ebraico. Anticipando l’argomento, immaginiamo quanto meno lo fossero i teli specifici della sepoltura di Cristo, visto le motivazioni socio-politiche per cui era stato condannato. E qui finisce la narrazione della parte, se si vuole. ordinaria della sepoltura di Cristo, unico Crocifisso noto del 30 o 33 d. C., ma che al terzo giorno di sepoltura aprirà il capitolo più difficile della questione.

 

L’imprevisto

Nessun dei Discepoli se lo aspettava, il Sinedrio lo temeva: l’imprevisto,  la tomba vuota. Viene  scoperta al mattino del giorno in cui le donne ritornano al sepolcro (Matteo, 28,1; Marco 16, 1-4; Luca 24, 1-3; Giovanni 20,1-2 ), si pensa per completare quanto fatto in fretta al momento della sepoltura, meglio forse per adempiere al controllo della salma per il rischio di una morte apparente, secondo il costume ebraico.

 

Il tema della Tomba Vuota con i Teli Sepolcrali

La tomba è un  punto critico per i Testimoni che l’hanno scoperta vuota: si sono trovati di fronte ai teli svuotati del Corpo del loro Maestro, disposti in modo tale che Giovanni ‘vedesse  e credesse’(20,1-8).

È interessante come nei Vangeli si specifichi il diverso atteggiamento psicologico dei due Testimoni per la circostanza: per entrambi era impossibile spiegare la modalità di una eventuale sottrazione del corpo – era stata insinuata da Maddalena alla scoperta della tomba aperta (Giovanni 20,2) –, senza smuovere i panni sepolcrali. Così Pietro, nella sua semplicità, si emoziona ed è colto da stupore: è successo qualcosa di troppo grande e misterioso per poterselo spiegare, ma sente che in quel luogo c’è stato un prodigio.

È il senso della narrazione di Luca (24,12), l’unico evangelista ad  indicare il ritorno a casa di Pietro, particolare che nulla aggiunge allo stato psicologico del Primo Apostolo, eppure è l’unico ritorno a casa ad essere citato: che possa essere un messaggio? Portava con sé qualcosa di quella Tomba Vuota? Ripensando poi ad una leggenda – il modo del medioevo di tramandare le cose –, Luca sarebbe non solo l’autore della prima icona della Theotokos, la Madonna Madre di Dio, ma  anche il custode dei teli dopo Pietro.

Giovanni invece si descrive preso da un pensiero logico: ricorda il segno delle onde che un telo forma quando copre un corpo. Ora quelle onde sono appena accennate, perché ancora intrisi  degli aromi spalmati sul Corpo, ma globalmente si può dire che il lenzuolo si sia acquattato, sgonfiato, disteso, in ordine come quando si ricompongono le lenzuola del letto al mattino. Solo all’altezza del capo, si riconosce lo spessore del sudario così come era stato posto intorno al capo di Cristo, secondo una moderna e più appropriata traduzione dei Vangeli.

Qui inizia un‘altra questione, il destino dei Teli Sepolcrali. È la seconda parte della ricerca da sviluppare  con la voglia di andare oltre i concetti spesso astratti degli studiosi. È facile che specialisti come esegeti, biblisti, ma anche storici, si attengano strettamente solo a quanto è scritto. In realtà una discussione sulle diverse opzioni di accadimenti e comportamenti non espressamente descritti, ma che pure  nella realtà possono essersi verificati perché umani, può essere quello che qualche studioso indica come ‘supplemento di indagine’.

 

Il trafugamento dei Teli Sepolcrali

  È naturale che la  scoperta della tomba vuota avesse creato trambusto nelle file del Sinedrio, specie tra i fautori del processo romano, l’unico che poteva portare a morte Gesù Cristo e permettesse di ‘chiudergli la bocca’, come si dice. A Pilato avevano chiesto preventivamente di intensificare la guardia davanti al Sepolcro: Lo avevano sentito dire che sarebbe ‘risorto’ (Matteo 27, 62-4). Ora con la scomparsa del Corpo, la situazione stava loro sfuggendo dalle mani, cercano di porre rimedio con la falsità: lo riferisce Matteo (28, 11-15) che, parlando del loro sospetto, espressamente indica l’oggetto del loro timore:  “… il corpo è stato trafugato”. Ne conseguono gratificazioni e ricatti presso le guardie del Sepolcro perché avvallassero la trama delle bugie.

Per questo una riflessione pratica per comprendere le possibili sequenze di accadimenti è: nel frastuono della notizia della tomba vuota, chi poteva preoccuparsi dei teli sepolcrali rimasti nel sepolcro? La scomparsa del Corpo di Gesù per il Sinedrio  – come per i Discepoli -, era un imprevisto che si trasformava in preludio alla conferma della Risurrezione, quindi dell’identità di Messia e alla Sua divinità. Era dunque logico preoccuparsi semplicemente della legge che disponeva di bruciare i panni sepolcrali sporchi di sangue? Anzi, è il caso di pensare che forse proprio la mancanza dei teli nella tomba, tolti in tempo utile dai Discepoli, possa essere stata la fonte dell’idea del trafugamento del corpo, diventandone la prova.

Se si dimostra che una lapide ritrovata a Gerusalemme con inciso il divieto imperiale romano sulla inviolabilità dei sepolcri, risale al I secolo, si potrebbe  pensare ad una possibile reazione all’episodio della Tomba Vuota di Cristo: in questo caso, in termini legali moderni, si profilava la denuncia contro ignoti per la sottrazione di cadavere secondo la legge romana. A Gerusalemme i primi indiziati sarebbero stati certamente i Discepoli. Ma per quanto riguarda i teli tutto si spegne, almeno apparentemente.

Quindi, riformulando il ragionamento, dopo la Risurrezione, a tomba vuota, meglio se prima dell’arrivo delle autorità per non correre rischi sul destino dei teli, qualcuno ha trafugati i Lini Sepolcrali e nascosti.

Nei Vangeli nulla è detto sia in senso di distruzione che di trafugamento, ma va da sé che i Discepoli, dopo aver “visto e creduto”, non potevano permettere la distruzione dei Teli Sepolcrali del Maestro, col significato che avevano appena assunto. Nello stesso tempo, però,  non si potevano neanche esibire per diversi motivi: era una violazione di legge trafugarli e conservarli, il contatto col sangue dava impurità, e non era questa la condizione migliore per diffondere il lieto annuncio, da impuri: i primi cristiani erano ancora ebrei.

Il tema del nascondimento dei Teli durerà per parecchio tempo ancora. Soprattutto se, in aggiunta alle macchie di sangue, sul lenzuolo avessero iniziato a comparire i primi lineamenti dell’Immagine per effetto della Risurrezione secondo quanto la scienza moderna sta dimostrando (7), il rischio di un’accusa di idolatria era concreto. La legge ebraica proibiva  la creazione di immagini: l’episodio del vitello d’oro dell’Esodo bruciava ancora (Esodo 20, 4-6).  Al limite, se una esposizione poteva esserci, era solo per i più stretti adepti. L’orizzonte mentale e culturale degli ebrei durava da secoli, e anche in chi aveva assistito ai miracoli delle guarigioni e alla risurrezione di Lazzaro, aveva ascoltato il Discorso della Montagna: non poteva virare all’improvviso di 360 gradi, il Cristianesimo era appena nato.

 

I possibili spostamenti dei Teli

Nel tentativo di dare risposte alle diverse questioni rimaste sospese, sono in atto diverse ricerche storiche sugli ipotetici spostamenti dei primi gruppi di Giudei Cristiani  mentre cercavano di sfuggire alle vessazioni dei Farisei prima, e dei Romani dopo.

Una ricerca ben documentata è sembrata quella di F. Barbesino – M. Moroni (8), da cui riportiamo molte delle citazioni di seguito riportate.

La ricerca parla anche di una ‘famiglia di Cristo’, il cui referente era l’apostolo Giacomo. A lui sarebbe  stata affidata nel tempo la conservazione dei lini.  Attualmente non ci sono conclusioni definitive. Tuttavia il supplemento di indagine può continuare.  Infatti se si volessero fare delle ipotesi sugli spostamenti dei Teli Sepolcrali nel periodo in cui la loro esistenza doveva passare sotto silenzio, le indagini potrebbero continuare con una citazione di S. Clemente Alessandrino, uno dei Padri della Chiesa, del  II secolo. Egli riferisce che i Dodici Apostoli lasciarono  Gerusalemme attorno all’anno 41/42.

Un’altra seconda circostanza utile per la messa in sicurezza Teli è quella riferita dallo storico Eusebio di Cesarea, altro Padre della Chiesa, che riferisce di uno spostamento imponente di ebrei cristiani nel secolo I, verso Pella, una cittadina della Perea, portando con sé  ‘gli oggetti più preziosi, immagini e cose sacre.’ Gerusalemme era scossa da episodi di violenza sociale per la presenza dei Romani, ed erano più frequenti gli intolleranza religiosa verso i Cristiani.

Dopo pochi anni, nuova migrazione verso la città di Antiochia, in Siria. Come riferito sempre da Eusebio di Cesarea, san Pietro ne è stato il primo vescovo. (9)

Una coincidenza: Antiochia è la città natale dell’Evangelista Luca. A sua volta l’Evangelista gode di tale familiarità con la Theotòkos, la Madre di Dio, da dipingerne la prima icona. A lui si racconta che ad un certo punto furono affidati i Teli.  Infine, ad Antiochia forse Matteo scrive il suo Vangelo. (10)

L’ultimo trasferimento dei Teli funebri, avvenuto per le ricorrenti persecuzioni romane,   può essere stato nella città di Edessa, l’attuale Urfa in Turchia, verso il III secolo: la città già verso la fine del sec. II aveva una Basilica e non c’erano persecuzioni. Ed è questa la città che dà l’avvio alle vicende dell’icona del Volto di Cristo Acheropita, non-fatto-da-mano-d’uomo, il futuro  Mandylion, con la Leggenda del re Abgar (11).  E col Mandylion inizia un meraviglioso ambito di ricerca per dimostrare la sua continuità storica poi con la Sindone di Torino (12).

Il popolo storico ha modi diversi per conservare e tramandare la memoria di fatti eccezionali, in coerenza con l’epoca vissuta, pertanto la ricerca tocchi non solo le citazioni, le attestazioni, i vangeli apocrifi, ma anche, le leggende. Che non sono favole, ma contengono nuclei di piccole verità anche storiche, da enucleare dal contesto ed accostare come tessere di un grande mosaico.

 

Conclusioni.

Nelle pagine precedenti sono stati sparsi i semi di diversi argomenti, tutti controllabili da parte di chi ha voglia di approfondirli. Si è creduto dunque di avviare il discorso con la dimostrazione del fattore base del nostro discorso, la storicità della Figura e della Crocifissione  di Cristo e  quindi anche della Sua Sepoltura avvenuta secondo i riti ebraici, con aromi e lini.

Si ritiene pertanto di aver posto le indicazioni sia per una metodologia di ricerca per chi voglia riprendere i temi esposti – pensiamo ai principi di Craig per la validità storica delle citazioni (13)- , sia per dare una risposta alla domanda iniziale: ebbene sì, storicamente dovevano esistere uno o più teli sepolcrali, sulla cui esibizione come massime reliquie fin dagli inizi,  hanno pesato le condizioni storiche e sociali ambientali poco favorevoli se non proibitive.

Più problematica rimane la dimostrazione della storicità del fenomeno che abbiamo definito ‘imprevisto’: l’episodio della Tomba Vuota,  della Risurrezione del Cristo. Il tema da sé sfugge alle regole della comune storicità, ma non è detto. Anche se si sta parlando di un evento al di fuori di ogni possibilità concettuale umana, avvenuta di nascosto agli occhi dell’universo, pure una rilettura dei Vangeli sostenuta da una sempre più pressante ricerca scientifica al limite del nucleare, sta dando i suoi risultati.

Per questo è inevitabile che la Sindone debba essere oggetto di attacchi da parte di coloro che ne negano l’ autenticità: lo fanno credendo di soffocare il senso apocalittico dell’evento in cui un Dio si cala nella realtà della terra incarnandosi.

La Sindone rimane dunque il ‘segno’ del transito divino fatto di sangue e sudore. Nel Volto dell’Uomo Sindonico troviamo addirittura un identikit, l’identikit  di Dio.

Ma per l’economia di questi appunti bisogna fermarsi qui, certo non perché non siano note le strade da percorrere ancora nella ricerca. Quanto detto è da ritenere sufficiente per concludere con molta serena determinazione che il presente della Sindone è nel suo passato storico-evangelico, come nel suo passato troviamo il senso del suo esserci ancora. Senza fratture di cronologie e concetti. Se si sa leggere la Storia delle storie.

 

 

NOTE

 

  1. Raymond E. Brown, La morte del Messia, un commentario ai Racconto della Passione nei quattro vangeli, Querinia

na, Brescia, 2007

  1. F. Barbesino – M.Moroni, Lungo le strade della Sindone Ricerca dei possibili itinerari da Gerusalemme a

Torino, http://xoomer.virgilio.it/sacrasindone/lungolestrade.pdf  pag. 2

  1. G. Fazio,La sindone, le fasce ed un solo sudario Collegamento proSindone, Internet, ottobre 2006
  2. G. Ghiberti Sindon othonia soudarion, https://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=5277131
  3. E. Marinelli, L.Zerbini, La Sindone, Storia e Misteri, Odoya, Bologna, 2017, pag. 189

6.F. Barbesino – M. Moroni, Lungo le strade della Sindone Ricerca dei possibili itinerari da Gerusalemme a

Torino, http://xoomer.virgilio.it/sacrasindone/lungolestrade.pdf  pag. 2

7.P. di Lazzaro, D. Murra, A Santoni,E. Nichelatti, G. Baldacchini, Colorazione simil–sindonica di tessuti di lino trami

te radiazione nel lontano ultravioletto, RT/2011/14/ENEA

8.F. Barbesino – M. Moroni Lungo le strade della Sindone Ricerca dei possibili itinerari da Gerusalemme a

Torino, http://xoomer.virgilio.it/sacrasindone/lungolestrade.pdf  pag. 2

  1. 9. Patriarcato di Antiochia – Wikipedia; https://it.wikipedia.org/wiki/Patriarcato_di_Antiochia
  2. http://www.pastoraleliturgica.it/varie/matteo/sintesi_matteo.htm
  3. M. Orsatti, ABGAR E GESÙ TRA STORIA E LEGGENDA, Nov-14-2005

Http://www.orsattimauro.net/modules/sections/index.php?op=printpage&artid=16

  1. Riesner, Centro Internazionale di Sindonologia 2, Da Gerusalemme a Edessa – La Sindone e la famiglia di Gesù,

1994: 106f.

  1. M. Perman Prove storiche della risurrezione; www.coramdeo.it/articoli/prove-storiche-della-risurrezione

 

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