IL TITANISMO COME MALATTIA SOCIALE
Per Harrison la civiltà occidentale sta vivendo l’era della sua giovinezza. Il taglio della ricerca di Harrison é prevalentemente di tipo antropologico culturale con frequenti incursioni neoteniche. Più matura e pertinente mi sembra l’analisi dello psicoterapeuta Hilmann che segnala il profondo disagio della civiltà occidentale per la debolezza della figura paterna.
Il disagio dell’uomo contemporaneo nasce da una esasperata volontà di potenza che lo fa regredire verso una forma incontrollabile di titanismo (i ciclopi di Omero) e determina la perdita della funzione di narrazione dei miti. Il mito infatti avrebbe la funzione “efficace” di contenere il dolore ed alleviare il senso di colpa per il parricidio di Edipo necessitato dall’incontrollabilità del contingente e dalla imperiosa necessità imposta dal Caso (il Fato della tragedia greca?).
Freud aveva già ammonito la presuntuosa attesa illuministica di una evoluzione continua verso il meglio che si tradurrebbe in un automatico orientamento verso l’ottimizzazione e ci aveva spiegato come in presenza di un handicap, o di un ostacolo insormontabile al flusso evolutivo, la psiche prima si blocca per dar luogo ad una palude come una forma di ematoma emorragico poi rompe gli argini e ritorna verso performances comportamentali regressive che infine si fissano sotto forma di disturbo mentale che la psichiatria tenta con molta fatica di contenere e ridurre.
Marina Castañeda, psicoterapeuta messicana, definisce meglio il titanismo di cui parla Hillman individuando la sua radice in una disfunzionale relazione sociale a livello di coppia che determina prima una profonda sofferenza nella famiglia e poi nella polis. Si tratta del machismo invisibile. Il machismo si riconosce nella figura del maschio puro y duro. Puro nel senso che é esente da ogni contaminazione di femminilità, duro nel senso che é esente da ogni forma di impotenza. E’ il toro di Πασιφάη, la madre del Minotauro, il mostro che si alimentava della carne vergine e del sangue dei giovani di Creta, sacrificati a lui nel labirinto di Cnosso.
Il machismo ed il mito del Minotauro rappresentano l’oracolo o la profezia della società contemporanea che hanno visto nella follia di Hitler la manifestazione più inquietante e che in questo momento sta accumulando nuova energia distruttiva nel rigurgito del bullismo giovanile poi nel bullismo istituzionale di Trump, che trova diverse inquietanti repliche nel panorama politico internazionale e nostrano.
Che ci fosse latente negli scenari del pensiero politico del nostro tempo un profondo bisogno di cambiamento é innegabile. Ciascuno di noi nella propria coscienza avverte la necessità di un impegno personale per il benessere della propria famiglia e della comunità. Dopo un lungo periodo di disinteresse, di astensione, oggi si avverte il bisogno della partecipazione come un problema di coscienza, come impegno irrinunciabile, anche se il termine coscienza ai più appare come un reperto fossile scavato negli anfratti più oscuri del passato. Oggi infatti si é più propensi a parlare con il linguaggio più prosaico ed immediato della necessità consapevole di difendere i propri interessi.
Ci hanno detto infatti che bisognava rottamare Kant con il suo imperativo etico, rottamare la morale per essere autenticamente liberi.
Ci hanno anche detto che in una società che si caratterizza per la pluralità delle opinioni non c’é spazio per una visione del mondo unitaria che si costituisca come orientamento alla convivenza civile. Ne consegue che oggi la coscienza individuale é un dato assolutamente irrilevante nella consapevolezza sociale.
Abbiamo rottamato tutto, la critica della ragion pura é destituita di ogni significato, ciò che ancora serve é la ragion pratica, la real politiche di Napoleone che rottama i valori sociali che avevano ispirato la rivoluzione francese; Camillo Benzo conte di Cavour fa altrettanto con il pensiero mazziniano che aveva ispirato il Risorgimento in Italia e l’idea costituente di una Giovane Europa, o infine la echte Politik di Otto Von Bismarck che rifiuta la gestione ideologica dei delicati equilibri internazionali per calcolare il peso della propria presenza diplomatica e militare in maniera da costituirsi come ago della bilancia delle tensioni tra gli stati a livello internazionale o tra le forze sociali all’interno dei singoli stati.
Se il realismo in politica serve a realizzare la volontà di potenza individuale, regionale, nazionale, razziale, in nome della razza o dell’appartenenza elitaria allora quell’essere di più comporterà necessariamente di asservire gli altri perché io sia sempre più potente e gli altri siano sempre più deboli, poveri, emarginati, affamati.
Esiste anche però il realismo del Vangelo.
Il Vangelo di Gesù Cristo riconosce a tutti ed a ciascuno la legittimità dell’aspirazione al benessere, allo sviluppo. Giovanni Paolo II invitava a volare alto nella logica del Vangelo c’é un modo solo per riuscire ad essere di più, crescere nell’amore, chi vuol essere più grande si metta al servizio dei più deboli. Il papa avverte i farisei che oggi chiedono a Gesù di disciplinare il comportamento dei suoi discepoli perché non disturbino l’establichement, a costoro Papa Francesco risponde con la voce di Gesù: “se toglieremo la parola ai deboli, agli esclusi, agli emarginati urleranno le pietre”.
Invito alla lettura
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